Madamina, il catalogo è questo
- Madamina, il catalogo è questo
- delle belle che amò il padron mio;
- un catalogo egli è che ho fatt’io.
- osservate, leggete con me.
- In Italia seicento e quaranta,
- in Almagna duecento e trentuna,
- cento in Francia, in Turchia novantuna,
- ma in Ispagna son già mille e tre!
- V’han fra queste contadine,
- cameriere e cittadine,
- v’han contesse, baronesse,
- marchesane, principesse,
- e v’han donne d’ogni grado,
- d’ogni forma, d’ogni età.
- In Italia seicento e quaranta,
- in Almagna duecento e trentuna,
- cento in Francia, in Turchia novantuna,
- ma in Ispagna son già mille e tre!
- Nella bionda egli ha l’usanza
- di lodar la gentilezza,
- nella bruna la costanza,
- nella bianca la dolcezza.
- Vuol d’inverno la grassotta,
- vuol d’estate la magrotta;
- è la grande maestosa,
- la piccina è ognor vezzosa…
- Delle vecchie fa conquista
- pel piacer di porle in lista:
- sua passion predominante
- è la giovin principiante.
- Non si picca se sia ricca,
- se sia brutta, se sia bella;
- purché porti la gonnella,
- voi sapete quel che fa! ecc.
- (Parte.)
Deh, vieni alla finestra
- Deh, vieni alla finestra, o mio tesoro,
- deh, vieni a consolar il pianto mio.
- Se neghi a me di dar qualche ristoro,
- davanti agli occhi tuoi morir vogl’io.
- Tu ch’hai la bocca dolce più che il miele,
- tu che il zucchero porti in mezzo al core,
- non esser, gioia mia, con me crudele,
- lasciati almen veder, mio bell’amore!
Aprite un po’ quegl’occhi
Tutto è disposto: l’ora
dovrebbe esser vicina; io sento gente.
È dessa… non è alcun… buia è la notte…
ed io comincio omai,
a fare il scimunito
mestiero di marito.
Ingrata! Nel momento
della mia cerimonia
ei godeva leggendo, e nel vederlo
io rideva di me, senza saperlo.
Oh Susanna, Susanna,
quanta pena mi costi,
con quell’ingenua faccia…
con quegli occhi innocenti…
chi creduto l’avria?
Ah, che il fidarsi a donna è ognor follia.
- Aprite un po’ quegl’occhi,
- uomini incauti e sciocchi,
- guardate queste femmine,
- guardate cosa son!
- Queste chiamate Dee
- dagli ingannati sensi
- a cui tributa incensi
- la debole ragion,
- son streghe che incantano
- per farci penar,
- sirene che cantano
- per farci affogar,
- civette che allettano
- per trarci le piume,
- comete che brillano
- per toglierci il lume;
- son rose spinose,
- son volpi vezzose,
- son orse benigne,
- colombe maligne,
- maestre d’inganni,
- amiche d’affanni
- che fingono, mentono,
- amore non senton,
- non senton pietà,
- no, no, no, no!
- Il resto nol dico,
- già ognun lo sa!
- (si ritira)
Se vuol ballare
Bravo, signor padrone! Ora incomincio
a capir il mistero… e a veder schietto
tutto il vostro progetto: a Londra è vero?
Voi ministro, io corriero, e la Susanna …
secreta ambasciatrice.
Non sarà, non sarà. Figaro il dice.
- Se vuol ballare
- Signor Contino,
- il chitarrino
- le suonerò.
- Se vuol venire
- nella mia scuola
- la capriola
- le insegnerò.
- Saprò… ma piano,
- meglio ogni arcano
- dissimulando
- scoprir potrò!
- L’arte schermendo,
- l’arte adoprando,
- di qua pungendo,
- di là scherzando,
- tutte le macchine
- rovescerò.
- Se vuol ballare
- Signor Contino,
- il chitarrino
- le suonerò.
- (parte)
Non più andrai
- Non più andrai, farfallone amoroso,
- notte e giorno d’intorno girando;
- delle belle turbando il riposo
- Narcisetto, Adoncino d’amor.
- Non più avrai questi bei pennacchini,
- quel cappello leggero e galante,
- quella chioma, quell’aria brillante,
- quel vermiglio donnesco color.
- Tra guerrieri, poffar Bacco!
- Gran mustacchi, stretto sacco.
- Schioppo in spalla, sciabla al fianco,
- collo dritto, muso franco,
- un gran casco, o un gran turbante,
- molto onor, poco contante!
- Ed invece del fandango,
- una marcia per il fango.
- Per montagne, per valloni,
- con le nevi e i sollioni.
- Al concerto di tromboni,
- di bombarde, di cannoni,
- che le palle in tutti i tuoni
- all’orecchio fan fischiar.
- Cherubino alla vittoria:
- alla gloria militar.
(Partono tutti alla militare.)
Per questa bella mano
- Per questa bella mano
- Per questi vaghi rai
- Giuro, mio ben, che mai
- Non amero che te
- L’aure, le piante, i sassi
- Che i miei sospir ben sanno
- A te qual sia diranno
- La mia costante fe
- Volgi lieti o fieri sguardi
- Dimmi pur che m’odo o m’ami
- Sempre accesc ai dolci dardi
- Sempre tuo vo’ che mi chiami cielo
- Quel desio che vive in me
- Un bacio di mano
- Vi fa maraviglia,
- E poi bella figlia,
- Volete sposar.
- Voi siete un po’ tondo,
- Mio caro Pompeo,
- L’usanze del mondo
- Andate a studiar.
- Un uom, che si sposa
- Che giovin vezzosa,
- A certi capricci,
- De pria rinunciar.
No? Uditemi e tacete.
- La calunnia e’ un venticello,
- un’auretta assai gentile
- che insensibile, sottile,
- leggermente, dolcemente
- incomincia a sussurrar.
- Piano piano, terra terra,
- sottovoce, sibilando,
- va scorrendo, va ronzando;
- nelle orecchie della gente
- s’introduce destramente
- e le teste ed i cervelli
- fa stordire e fa gonfiar.
- Dalla bocca fuori uscendo
- lo schiamazzo va crescendo
- prende forza a poco a poco,
- vola gia’ di loco in loco;
- sembra il tuono, la tempesta
- che nel sen della foresta
- va fischiando, brontolando
- e ti fa d’orror gelar.
- Alla fin trabocca e scoppia,
- si propaga, si raddoppia
- e produce un’esplosione
- come un colpo di cannone,
- un tremuoto, un temporale,
- un tumulto generale,
- che fa l’aria rimbombar.
- E il meschino calunniato,
- avvilito, calpestato,
- sotto il pubblico flagello
- per gran sorte ha crepar.
Ah! che ne dite?
Vi ravviso
Il mulino… il fonte… il bosco…
E vicin la fattoria!…
- Vi ravviso, o luoghi ameni,
- In cui lieti, in cui sereni
- Sì tranquillo i dì passai
- Della prima gioventù!
- Cari luoghi, io vi trovai,
- Ma quei dì non trovo più!)
…
- Tu non sai con quei begli occhi
- Come dolce il cor mi tocchi,
- Qual richiami ai pensier miei
- Adorabile beltà.
- Era dessa, qual tu sei,
- Sul mattino dell’età.
Ah! Un foco insolito
Non c’è ma, volate,
o casco morto qua.
(gli tura la bocca e lo spinge via)
- Un foco insolito
- mi sento addosso,
- omai resistere
- io più non posso.
- Dell’età vecchia
- scordo i malanni,
- mi sento giovine
- come a vent’anni.
- Deh! cara, affrettati,
- dolce sposina!
- Ecco di bamboli
- mezza dozzina
- veggo già nascere,
- veggo già crescere,
- a me d’intorno
- veggo scherzar.
- Vieni vieni
- chè un foco insolito
- mi sento adosso
- o casco morto qua
Son rinato. Or si parli al nipotino.
A fare il cervellino
veda che si guadagna.
(guarda nelle scene)
Eccolo appunto.
- Udite, udite, o rustici
- Il dottore Dulcamara in piedi sopra un carro dorato, avendo in mano carte e bottiglie.
- Dietro ad esso un servitore, che suona la tromba.
- Tutti i paesani lo circondano.
- Udite, udite, o rustici
- attenti non fiatate.
- Io già suppongo e immagino
- che al par di me sappiate
- ch’io sono quel gran medico,
- dottore enciclopedico
- chiamato Dulcamara,
- la cui virtù preclara
- e i portenti infiniti
- son noti all’universo… e in altri siti.
- Benefattor degli uomini,
- riparator dei mali,
- in pochi giorni io sgombero
- io spazzo gli spedali,
- e la salute a vendere
- per tutto il mondo io vo.
- Compratela, compratela,
- per poco io ve la do.
- È questo l’odontalgico
- mirabile liquore,
- dei topi e delle cimici
- possente distruttore,
- i cui certificati
- autentici, bollati
- toccar vedere e leggere
- a ciaschedun farò.
- Per questo mio specifico,
- simpatico prolifico,
- un uom, settuagenario
- e valetudinario,
- nonno di dieci bamboli
- ancora diventò.
- Per questo Tocca e sana
- in breve settimana
- più d’un afflitto giovine
- di piangere cessò.
- O voi, matrone rigide,
- ringiovanir bramate?
- Le vostre rughe incomode
- con esso cancellate.
- Volete voi, donzelle,
- ben liscia aver la pelle?
- Voi, giovani galanti,
- per sempre avere amanti?
- Comprate il mio specifico,
- per poco io ve lo do.
- Ei move i paralitici,
- spedisce gli apopletici,
- gli asmatici, gli asfitici,
- gl’isterici, i diabetici,
- guarisce timpanitidi,
- e scrofole e rachitidi,
- e fino il mal di fegato,
- che in moda diventò.
- Comprate il mio specifico,
- per poco io ve lo do.
- Avanti, avanti vedove
- avanti, avanti bamboli,
- comprate il mio specifico
- per poco io ve lo do
- L’ho portato per la posta
- da lontano mille miglia
- mi direte: quanto costa?
- quanto vale la bottiglia?
- Cento scudi?… Trenta?… Venti?
- No… nessuno si sgomenti.
- Per provarvi il mio contento
- di sì amico accoglimento,
- io vi voglio, o buona gente,
- uno scudo regalar.
- Ecco qua: cosi stupende
- si balsamico elisire
- tutta Europe sa ch’io vendo
- niente men di nove lire:
- ma siccome è pur palese
- ch’io son nato nel paese
- per tre lire a voi lo cedo,
- sol tre lire a voi richiedo.
- Cosi chiaro come il sole
- che a ciascuno che lo vuole
- une scudo bello e netto
- in saccoccia io faccio entrar
- Ecco. Tre lire. Avanti. Avanti.
- Ah di patria il caldo affetto
- gran miracoli puo far
Miei rampolli femminini
- Miei rampolli femminini,
- Vi ripudio; mi vergogno!
- Un magnifico mio sogno
- Mi veniste a sconcertar.
(ricusando di dar loro a baciar la mano.
Clorinda e Tisbe ridono quando non le guarda.)
(da sé, osservandole)
- Come son mortificate!
- Degne figlie d’un Barone!
- Via: silenzio ed attenzione.
- State il sogno a meditar.
- Mi sognai fra il fosco e il chiaro
- Un bellissimo somaro.
- Un somaro, ma solenne.
- Quando a un tratto, oh che portento!
- Sulle spalle a cento a cento
- Gli spuntarono le penne
- Ed in alto, sciù, volò!
- Ed in cima a un campanile
- Come in trono si fermò.
- Si sentivano per di sotto
- Le campane a dindonar.
- Din, don, din, don.
- Col cì cì, ciù ciù di botto
- Mi faceste risvegliar.
- Ma d’un sogno sì intralciato
- Ecco il simbolo spiegato.
- La campana suona a festa?
- Allegrezza in casa è questa.
- Quelle penne? Siete voi.
- Quel gran volo? Plebe addio.
- Resta l’asino di poi.
- Ma quell’asino son io.
- Chi vi guarda vede chiaro
- Che il somaro è il genitor.
- Fertilissima regina
- L’una e l’altra diverrà;
- Ed il nonno una dozzina
- Di nipoti abbraccerà.
- Un re piccolo di qua.
- Servo, servo, servo, servo.
- Un re bambolo di là.
- Servo, servo, servo, servo.
- E la gloria mia sarà.
Dans les rôles d’amoureux langoureux
- Dans les rôles d’amoureux langoureux,
- Je sais que je suis pitoyable;
- Mais j’ai de l’esprit comme un diable,
- Comme un diable!
- Mes yeux lancent des éclairs,
- J’ai dans tout le physique,
- J’ai dans tout le physique
- Un aspect satanique
- Qui produit sur les nerfs
- L’effet d’une pile électrique!
- Par les nerfs j’arrive au coeur;
- Je triomphe par la peur,
- Je triomphe par la peur,
- Je triomphe par la peur,
- par le peur!
- Oui, chère Primadonna,
- Quand on a la beauté parfaîte
- On doit dédaigner un poète, un poète!
- De ce boudoir parfumé
- Que le diable m’emporte,
- Si je n’ouvre pas la porte!
- Mon rival est aimé,
- Je ne le suis pas,
- Que m’importe, que m’importe, que m’importe!
- Sans parler du positif
- Je suis vieux, mais je suis vif,
- Je suis vieux, mais je suis vif,
- Je suis vieux, mais je suis vif, je suis vif!
J’ai des yeux
- J’ai des yeux, de vrais yeux,
- Des yeux vivants, des yeux de flamme,
- Des yeux merveilleux
- Qui vont jusques au fond de l’âme
- Et qui même dans bien des cas
- En peuvent prêter une à ceux qui n’en ont pas.
- J’ai des yeux, de vrais yeux vivants, des yeux de flamme,
- J’ai des yeux,
- De beaux yeux!
- Oui!
- Veux-tu voir le cœur d’une femme?
- S’il est pur ou s’il est infâme!
- Ou bien préfères-tu le voir
- Le voir tout blanc quand il est noir?
- Prends et tu verras
- Ce que tu voudras.
- Prenez mes yeux, mes yeux vivants, me yeux de flamme,
- Mes yeux qui percent l’âme.
- Prenez mes yeux!
Scintille diamant
Allez! … pour te livrer combat
Les yeux de Giulietta sont une arme certaine.
Il a fallu que Schlemil succombât …
Foi de diable et de capitaine!
Tu feras comme lui.
Je veux que Giulietta t’ensorcelle aujourd’hui.
- Scintille, diamant, fascine, attire-la …
- L’alouette ou la femme
- A cet appât vainqueur
- Vont de l’aile ou du cœur;
- L’une y laisse sa vie et l’autre y perd son âme.
- Ah scintille diamant,
- Miroir où se prend l’alouette.
- Scintille, diamant attire-la.
- Beau diamant, attire-la
- Beau diamant scintille, attire-la.
- Qui donc élève ici la voix?
- Encor ce vil troupeau d’esclaves,
- Osant toujours braver nos lois
- Et voulant briser leurs entraves!
- Cachez vos soupirs et vos pleurs
- Qui lassent notre pateince;
- Invoquez plutôt la clémence
- De ceux qui furent vos vainqueurs!
- Ce Dieu que votre voix implore
- Est demeuré sourd à vos cris,
- Et vous l’osez prier encore,
- Quand il vous livre à nos mépris?
- Si sa puissance n’est pas vaine,
- Qu’il montre sa divinité!
- Qu’il vienne briser votre chaîne;
- Qu’il vous rende la liberté!
- Croyez-vous ce Dieu comparable à Dagon,
- Le plus grand des Dieux,
- Guidant de son bras redoutable
- Nos guerriers victorieux?
- Votre divinité craintive,
- Tremblante fuyait devant lui,
- Comme la colombe plaintive
- Fuit la vautour qui la poursuit!
…
- Arrête! Insensé téméraire,
- Ou crains d’exciter ma colère!
Le tribunal révolutionnaire
- Le tribunal révolutionnaire
- expose que les ex-religieuses carmélites
- demeurant à Compiègne
- département de l’Oise
- Madeleine Lidoine, Anne Pellerat,
- Madeleine Touret, Marie-Anne Hanniset,
- Marie Anne Piedcourt, Marie-Anne Brideau,
- Marie-Cyprienne Brare,
- Rose Chrétien, Marie Dufour,
- Angélique Roussel, Marie-Gabrielle Trézelle,
- Marie-Geneviève Meunier,
- Catherine Soiron, Thérèse Soiron,
- Elisabeth Vezolot,
- ont formé des rassemblements
- et conciliabules, contre-révolutionnaires,
- entretenu des correspondances fanatiques,
- conservé des écrits liberticides,
- Ne forment qu’une réunion de rebelles, de séditieuses,
- qui nourrissent dans leur coeur le désir
- et l’espoir criminel de voir le peuple français
- remis aux fers de ses tyrans et la liberté
- engloûtie dans des flots de sang que leurs infâmes
- machinations ont fait répandre au nom du ciel
- Le tribunal révolutionnaire déclare en conséquence
- que toutes les prévenues sus-nommées sont
- condamnées à mort.
O ruddier than the cherry
I rage, I melt, I burn!
The feeble god has stabb’d me to the heart.
Thou, trusty pine,
Prop of my god-like steps, I lay thee by!
Bring me a hundred reeds of decent growth,
To make a pipe for my capacious mouth;
In soft enchanting accents let me breathe
Sweet Galatea’s beauty, and my love.
- O ruddier than the cherry,
- O sweeter than the berry,
- O nymph more bright
- Than moonshine night,
- Like kidlings blithe and merry!
- Ripe as the melting cluster,
- No lily has such lustre;
- Yet hard to tame
- As raging flame
- And fierce as storms that bluster!
- O ruddier …
Fair Lady, gracious gentlemen
- Fair Lady, gracious gentlemen,
- a servant begs you pardon for your time
- but there is much to tell.
- Tom Rakewell had an uncle,
- one long parted from his native land.
- Him I served many years.
- Served him in the many trades he served in turn;
- and all to his profit.
- Yes profit was perpetually his.
- It was indeed, his family, his friends,
- his hour of amusement, his life.
- But all his brilliant progeny of gold
- could not caress him when he lay dying
- Sick from his home, sick for a memory
- of pleasure or of love,
- his thoughts were but of England.
- There at last, he felt, his profit could be pleasure
- to an eager youth; for such
- by counting years upon his fumbling fingers,
- he knew that you must be, good sir.
- Well, he is dead. And I am here
- with this commission: to tell Tom Rakewell
- that an unloved and forgotten uncle
- loved and remembered. You are a rich man.
Der Vogelfänger bin ich ja
( Papageno kommt einen Fußteig herunter, hat auf dem
Rücken eine große Vogelsteige, worin Verschiedene Vögel
sind. In der Hand hat er eine kleine Waldflöte.)
- Der Vogelfänger bin ich ja
- Stets lustig, heisa, hopsassa!
- Ich Vogelfänger bin bekannt
- Bei Alt und Jung im ganzen Land.
- Weiß mit dem Locken umzugehn
- Und mich auf’s Pfeifen zu verstehn.
- Drum kann ich froh und lustig sein,
- Denn alle Vögel sind ja mein.
- Der Vogelfänger bin ich ja,
- Stets lustig, heisa, hopsassa!
- Ich Vogelfänger bin bekannt
- Bei Alt und Jung im ganzen Land.
- Ein Netz für Mädchen möchte ich,
- Ich fing sie dutzendweis für mich;
- Dann sperrte ich sie bei mir ein,
- Und alle Mädchen wären mein.
- Wenn alle Mädchen wären mein,
- So tauschte ich brav Zucker ein.
- Die, welche mir am liebsten wär’,
- Der gäb’ ich gleich den Zucker her.
- Und küßte sie mich zärtlich dann,
- Wär’ sie mein Weib und ich ihr Mann,
- Sie schlief’ an meiner Seite ein,
- Ich wiegte wie ein Kind sie ein.
(Pfeift, will nach der Arie nach der Pforte gehen.)
Ein Mädchen oder Weibchen
After drinking a glass of wine which magically appeared,
Papageno sings (accompanied by magic bells) of what he really wants which is a wife.
- Ein Mädchen oder Weibchen
- Wünscht Papageno sich!
- O so ein sanftes Täubchen
- Wär’ Seligkeit für mich!
- Dann schmeckte mir Trinken und Essen,
- Dann könnt’ ich mit Fürsten mich messen,
- Des Lebens als Weiser mich freun,
- Und wie im Elysium sein!
- Ein Mädchen oder Weibchen
- Wünscht Papageno sich!
- O so ein sanftes Täubchen
- Wär’ Seligkeit für mich!
- Ach, kann ich denn keiner von allen
- Den reizenden Mädchen gefallen?
- Helf’ eine mir nur aus der Not,
- Sonst gräm’ ich mich wahrlich zu Tod!
- Ein Mädchen oder Weibchen
- Wünscht Papageno sich!
- O so ein sanftes Täubchen
- Wär’ Seligkeit für mich!
- Wird keine mir Liebe gewähren,
- So muß mich die Flamme verzehren!
- Doch küßt mich ein weiblicher Mund,
- So bin ich schon wieder gesund!
Papagena!Weibchen, Täubchen!
- Papagena! Papagena! Papagena!
- Weibchen! Täubchen! meine Schöne!
- Vergebens! Ach, sie ist verloren!
- Ich bin zum Unglück schon geboren!
- Ich plauderte – und das war schlecht,
- Und drum geschieht es mir schon recht!
- Seit ich gekostet diesen Wein,
- Seit ich das schöne Weibchen sah,
- So brennt’s im Herzenskämmerlein,
- So zwickt’s hier, so zwickt’s da.
- Papagena! Herzensweibchen!
- Papagena, liebes Täubchen!
- ’s ist umsonst, es ist vergebens!
- Müde bin ich meines Lebens!
- Sterben macht der Lieb’ ein End’,
- Wenn’s im Herzen noch so brennt.
- (Er den Strick von seiner Mitte)
- Diesen Baum da will ich zieren,
- Mir an ihm den Hals zuschnüren,
- Weil das Leben mir mißfällt;
- Gute Nacht, du falsche Welt.
- Weil du böse an mir handelst,
- Mir kein schönes Kind zubandelst,
- So ist’s aus, so sterbe ich;
- Schöne Mädchen, denkt an mich,
- – Will sich eine um mich Armen,
- Eh’ ich hänge, noch erbarmen,
- Nun, so laß ich’s diesmal sein!
- Rufet nur, ja oder nein. –
- (Sieht sich um.)
- Keine hört mich; alles stille!
- Also ist es euer Wille?
- Papageno, frisch hinauf!
- Ende deinen Lebenslauf!
- (Sieht sich um.)
- Nun, ich warte noch, es sei,
- Bis man zählet: eins, zwei, drei.
- (Pfeift.)
- Eins!
- (Sieht sich um, pfeift)
- Zwei!
- (Sieht sich um, pfeift)
- Drei!
- (Sieht sich um)
- Nun, wohlan, es bleibt dabei,
- Weil mich nichts zurücke hält,
- Gute Nacht, du falsche Welt!
- (Will sich hängen.)
O Isis und Osiris
As Papageno and Tamino enter the trials to join their holy order,
Sarastro prays that they will be watched over during the trials.
- O Isis und Osiris, schenket
- der Weisheit Geist dem neuen Paar!
- Die ihr der Wandr’er Schritte lenket,
- Stärkt mit Geduld sie in Gefahr.
- Laßt sie der Prüfung Früchte sehen,
- Doch sollen sie zu Grabe gehen,
- So lohnt der Tugend kühnen Lauf,
- Nehmt sie in euren Wohnsitz auf.
In diesen Heilgen Hallen
After Pamina pleads with Sarastro to have mercy on her scheming mother,
Sarastro sings of the ideals of his Brotherhood.
- In diesen heil’gen Hallen
- Kennt man die Rache nicht,
- Und ist ein Mensch gefallen,
- Führt Liebe ihn zur Pflicht.
- Dann wandelt er an Freundes Hand
- Vergnügt und froh in’s bess’re Land.
- In diesen heil’gen Mauern,
- Wo Mensch den Menschen liebt,
- Kann kein Verräter lauern,
- Weil man dem Feind vergibt.
- Wen solche Lehren nicht erfreun,
- Verdienet nicht ein Mensch zu sein.
(Gehen beide ab.)
Hat man nicht auch Gold beineben
- Hat man nicht auch Gold beineben,
- Kann man nicht ganz glücklich sein;
- Traurig schleppt sich fort das Leben,
- Mancher Kummer stellt sich ein.
- Doch wenns in der Tasche fein klingelt und rollt,
- Da hält man das Schicksal gefangen,
- Und Macht und Liebe verschafft dir das Gold
- Und stillet das köhnste Verlangen.
- Das Glück dient wie ein Knecht für Sold,
- Es ist ein schönes Ding, das Gold.
- Wenn sich nichts mit nichts verbindet,
- Ist und bleibt die Summe klein;
- Wer bei Tisch nur Liebe findet,
- Wird nach Tische hungrig sein.
- Drum lächle der Zufall euch gnädig und hold
- Und segne und lenk euer Streben;
- Das Liebchen im Arme, im Beutel das Gold,
- So mögt ihr viel Jahre durchleben.
- Das Glück dient wie ein Knecht für Sold,
- Es ist ein schönes Ding, das Gold.
Hieher! Dorthin! Hehe! Hoho!
- Hieher! Dorthin! Hehe! Hoho!
- Träges Heer, dort zu Hauf schichtet den Hort!
- Du da, hinauf! Willst du voran?
- Schmähliches Volk, ab das Geschmeide!
- Soll ich euch helfen? Alle hieher!
- He! Wer ist dort? Wer drang hier ein?
- Mime, zu mir, schäbiger Schuft!
- Schwatztest du gar mit dem schweifenden Paar?
- Fort, du Fauler!
- Willst du gleich schmieden und schaffen?
- He! An die Arbeit!
- Alle von hinnen! Hurtig hinab!
- Aus den neuen Schachten schafft mir das Gold!
- Euch grüßt die Geißel, grabt ihr nicht rasch!
- Daß keiner mir müßig, bürge mir Mime,
- sonst birgt er sich schwer meiner Geißel Schwunge!
- Daß ich überall weile, wo keiner mich wähnt,
- das weiß er, dünkt mich, genau!
- Zögert ihr noch? Zaudert wohl gar?
- Zittre und zage, gezähmtes Heer!
- Rasch gehorcht des Ringes Herrn!
- (zu Wotan und Loge)
- Was wollt ihr hier?
Bin ich nun frei?
- Bin ich nun frei? Wirklich frei?
- So grüß’ euch denn
- meiner Freiheit erster Gruß! –
- Wie durch Fluch er mir geriet,
- verflucht sei dieser Ring!
- Gab sein Gold mir Macht ohne Maß,
- nun zeug’ sein Zauber Tod dem, der ihn trägt!
- Kein Froher soll seiner sich freun,
- keinem Glücklichen lache sein lichter Glanz!
- Wer ihn besitzt, den sehre die Sorge,
- und wer ihn nicht hat, den nage der Neid!
- Jeder giere nach seinem Gut,
- doch keiner genieße mit Nutzen sein!
- Ohne Wucher hüt’ ihn sein Herr;
- doch den Würger zieh’ er ihm zu!
- Dem Tode verfallen, feßle den Feigen die Furcht:
- solang er lebt, sterb’ er lechzend dahin,
- des Ringes Herr als des Ringes Knecht:
- bis in meiner Hand den geraubten wieder ich halte! –
- So segnet in höchster Not
- der Nibelung seinen Ring!
- Behalt’ ihn nun, hüte ihn wohl:
- meinem Fluch fliehest du nicht!
Mein Vater
- Ja, wehe, wehe! Weh’ ueber mich!
- So ruf’ ich willig mit euch,
- williger naehm’ ich von euch den Tod,
- der Suende mildeste Suehne!
(Der Sarg wird geoeffnet – Beim Anblick der Leiche Titurels bricht alles in
einen jaehen Wehruf aus. Amfortas richtet sich hoch von seinem Lager
und wendet sich zur Leiche.)
- Mein vater!
- Hochgesegneter der Helden!
- Du Reinster, dem einst die Engel sich neigten;
- der einzig ich sterben sollt’,
- dir – gab ich den Tod!
- O! Der du jetzt in goettlichen Glanz
- den Erloeser selbst erschaust,
- erflehe von ihm, dass sein heiliges Blut,
- wenn noch einmal heut sein Segen
- die Brueder soll erquicken,
- wie ihnen neues Leben
- mir endlich spende – den Tod!
- Tod! Sterben!
- Einz’ge Gnade!
- Die schreckliche Wunde, das Gift, ersterbe,
- das es zernagt, erstarre das Herz!
- Mein Vater! Dich – ruf’ ich,
- rufe du ihm es zu;
- Erloeser, gib meinem Sohne Ruh’!
Pensa a chi geme
Ora rivesti tutte pria l’arme usate;
ma taci con Alcina, e fingi
il primo amore, il primo volto.
Mostra desio di caccia,
cosi fuga e salute a te procaccia.
- Pensa a chi geme
- d’amor piagata,
- e sempre teme abbandonata
- crudel, da te.
- Torna ad amarla, e la consola,
- Né mesta e sola così lasciarla
- Senza mercè.
- Pensa a chi geme, ecc.
Sorge infausta
- Sorge infausta una procella,
- che oscurar fa il cielo e mare
- splende fausta poi la stella
- che ogni cor ne fa goder.
- Può talor il forte errare,
- ma risorto dall’errore,
- quel che pria gli diè dolore,
- causa immenso il suo piacer.
Tu sei il cor di questo core
- Tu sei il cor di questo core,
- sei il mio ben, non t’adirar!
- Per amor io chiedo amore,
- più da te non vo’ bramar.
- Tu sei ecc.